In Italia non è insolito trovare mattonelle come questa con scritte varie e posizionate sulle facciate delle case,
Questa l’ho fotografata in un agriturismo a San Gimignano, ma l’originale si trova su casa settecentesca in via S. Sabina come riporta un articolo di La Repubblica che vi lascio qua:
Tra filosofia, amore e morte le massime su muri e palazzi
Roma è abituata da sempre alle scritte sui muri che, a parte quelle incise sui frontoni delle chiese a identificazione del santo titolare, sono incise come ornamento a facciate di case e palazzi, nell’ identificazione dei proprietari o all’ insegna di esortazioni e messaggi poetici per una filosofia di vita spicciola, e spesso un po’ patetica. La più antica è quella, lunghissima, che si legge sulle facciate della casa dei Crescenzi in via Petroselli, a fronte di Bocca della Verità. Risale al XII secolo, quando la casa fu eretta da Niccolò, figlio di Crescenzio e di Teodora, come ricorda sul portale un’ iscrizione latina, che tradotta in italiano, a parte il nome del proprietario, tra l’ altro sentenzia «La morte viene sulle ali, per nessuno la vita è eterna; il nostro compito è breve e il suo corso stesso è lieve». Risale al 1468 la scritta incisa sulla casa di Lorenzo Manili in via del Portico d’ Ottavia, un edificio solo in parte restaurato e che presenta dei vuoti all’ interno visibili dalle finestre senza imposte. Vi si legge che il Manili la fondò «nell’ anno 2221 dalla fondazione di Roma, all’ età di 50 anni 3 mesi e 2 giorni, il giorno II prima delle calende di agosto». Peraltro lo spirito umanistico che animò il costruttore si evidenzia nelle decorazioni con le quali Manili tappezzò la facciata: una stele funebre proveniente dalla via Appia, il frammento di un altorilievo romano sulla porticina centrale e una stele greca. La casa del notaio Sander, oggi proprietà del Pontificio Istituto Teutonico, in via S. Maria dell’ Anima, sentenzia un latino dal 1508 «Possa questa casa vedere due soli e due lune e vada in rovina quando saranno nati due gemelli dell’ Araba Fenice», come a dire mai. Più retorico il messaggio di una casa fine Cinquecento di via Orbitelli, come esaltazione dell’ ignoto padrone: «Amore della virtù. Gloria dei sovrani. Gioia del popolo. Aurea benignità celeste». Mentre quanto mai augurale e serena è la scritta di un veneziano sulla sua casa settecentesca in via S. Sabina: «Protega Dio benefico ‘sta casa da’ guai – né avocato né medego ghe meta el piè mai». Fino ai tempi moderni. Così nel palazzo della Civiltà del Lavoro a piazza della Concordia all’ Eur nel 1939, quando l’ edificio si definiva «della Civiltà Italica», fu incisa sulle quattro facciate la frase che esaltava quella dedica: «Un popolo di poeti di artisti di eroi/di santi di pensatori di scienziati/di navigatori di trasmigratori». E ancora, sulla facciata del grigio palazzone proprietà Ina, a fronte del ponte Risorgimento in piazzale delle Belle Arti, ecco una sentenza che si impara facilmente a memoria, anche se scritta in latino, per le sue facili parole: «Nil difficile volenti». Ma la frase più bella resta quella sul frontone del palazzo della Galleria Nazionale d’ Arte Moderna a Belle Arti che si affaccia su via Ulisse Aldrovandi; è un verso di Michelangelo, splendido come il marmo sul quale batte il sole al tramonto: «Questo sol m’ arde e questo m’ innamora».
CLAUDIO RENDINA
fonte: La Repubblica
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