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Le fonti volterrane, da Mandringa a San Felice, passando da Docciola, possono avere un futuro soltanto sfruttando il loro valore storico: valorizzare quello che hanno rappresentato per tante generazioni di volterrani. Ma l’impiego per i bisogni attuali è dunque da scartare.
“Il selvaggio masso di Mandringa dominava la via.
Ardo dalla sete. Lasciami bere. Bevi anche tu un sorso d’acqua.
La fonte pullulava sotto un arco chiomato di caprifogli e di pruni”.
Così Gabriele D’Annunzio scriveva nel suo “Forse che sì forse che no”.La Fonte di Mandringa si trova lungo la Via Pisana, oltre il guard rail, quasi a ridosso della deviazione che porta su per Via di Mandringa. Passandoci con l’auto nemmeno si nota: il sito storico si inabissa sotto il livello della strada.
Per raggiungerla è necessario sostare al parcheggio sopra le Balze, per poi intraprendere la discesa sul ciglio della strada, stando attenti al suo veloce traffico. Superato il Masso di Mandringa puoi finalmente notare la fonte medievale; la raggiungi facilmente passando da un’apertura nel guard-rail; dopodichè scendere le scalette. Ai suoi piedi, sotto l’arco duecentesco, sgorga da sempre un’acqua limpida e pura, ritenuta in ogni tempo la migliore della città:
“Chi sciacqua le lenzuola
alla Docciola,
convien che l’acqua attinga
alla Mandringa”Adesso, a ridosso della strada asfaltata, risulta essere in una posizione un po’ disagiata, che non facilita di certo la sua conservazione.
Questa fonte, in passato, ha avuto un ruolo sociale importante: era luogo di ritrovo delle lavandaie, ma oggi quest’acqua non è più potabile e i tempi sono cambiati.
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